Sicuramente, per molte persone che ne soffrono, si tratta di un disturbo alimentare vero e proprio.
In realtà, l’obesità è una condizione medica per cui il peso e la percentuale di massa grassa del soggetto sono superiori a quella che sarebbe considerata la normalità o, comunque, un’espressione di salute.
Per definire lo stato di obesità ci si avvale, di solito, di due misure:
- l’Indice Di Massa Corporea (IMC) o, in inglese, Body Mass Index (BMI), che si calcola dividendo il proprio peso per il quadrato della propria statura. Ad esempio, se sono alta 1,80 e peso 62 kg: 62/1,80x1,80=19,3. Come stabilire se ci si trova in una fascia di normalità?
- Il sottopeso si troverà al disotto di 18,5
- Il normopeso tra 18,5 e 24,9
- Il sovrappeso tra 25 e 29,9
- L’obesità di I grado tra 30 e 34.9
- L’obesità di II grado tra 35 e 40
- L’obesità di III grado oltre 40
C’è da dire, però, che l’IMC non ci dice di cosa è fatto il peso della persona, cioè non è in grado di dirci qual è la percentuale di massa grassa e di massa magra che compongono il corpo dell’interessato. Infatti, il peso di per sé non è l’unico mezzo per farci capire se siamo sovrappeso o meno. Personalmente, ho incontrato persone che avevano uno stato di sovrappeso all’IMC ma una condizione di obesità ad altri accertamenti.
- L’antropometria, cioè la misurazione di varie parti del corpo con il metro e con il plicometro, per stabilire la quantità di massa grassa presente nel corpo.
- La BIA – Bioimpedenziometria, che viene svolta con un’apparecchiatura in grado di stabilire la quantità di massa grassa, di massa magra e di acqua presente nel corpo. A seconda del tipo di macchinario utilizzato, possono essere forniti anche altri dati.
Ma allora perché in tanti considerano l’obesità una patologia psicologica? Perché spesso essa si accompagna a fame emotiva, abbuffate compulsive, sensi di colpa, bassa autostima se non addirittura disprezzo di sé. Le persone obese sanno fare le diete ma non riescono a mantenere il peso raggiunto per cui si ritrovano a mettere in atto il famoso yo-yo che, progressivamente, le farà aumentare di nuovo. Mancanza di volontà? Incapacità? Maledizione? I fattori sono tanti. E tanti sono quelli su cui possiamo intervenire.
È quanto spiego nel mio libro “Dimagrire imparando dai propri errori”.
Errori intesi sia come modi di pensare e comportamenti errati, sia come ostacoli poiché si frappongono tra la persona e il risultato. Allora, proprio come una corsa ad ostacoli, bisogna imparare a superarli uno dopo l’altro per poter raggiungere il traguardo desiderato.
Ci sono persone che, una volta individuati e corretti i propri comportamenti errati, perdono peso e riacquistano la forma perduta. Altre hanno bisogno anche di correggere modi di pensare errati (a volte, vere e proprie credenze popolari!) rispetto alla dieta, al cibo, all’attività fisica, al funzionamento dell’organismo, a sé stesse, che possono anche essere alla base di comportamenti errati, per poter procedere.
Poi esiste l’ostacolo più importante ed è l’aspetto emotivo che, come sopra accennato, spesso “spinge” a mangiare in assenza di fame, a fare delle vere e proprie abbuffate, a far fallire le diete. È qui che spesso si vive un vero e proprio conflitto tra volontà e emotività. Ed è qui che si apre un mondo, il mondo della persona. Esplorarlo con curiosità consente di comprendere come mai quel peso è lì e qual è la sua funzione. La cura delle ferite emotive che spesso si riscontrano alla base del peso e del rapporto alterato con il cibo, e l’apprendimento di modalità migliori di gestione delle emozioni consentirà alla persona di non utilizzare più il cibo per lenire gli stati emotivi e quindi riuscirà ad aderire meglio ad uno stile di vita salutare.