«Amore non è guardarci l'un l'altro,
ma guardare insieme nella stessa direzione».
(Antoine de Saint Exupéry)
In un giorno qualunque, in un momento qualsiasi della loro vita, due sconosciuti si incontrano e scelgono di camminare insieme per condividere un progetto di vita.
La storia di tutte le famiglie inizia così, due “coraggiosi” estranei che si incontrano in uno spazio sospeso, il “noi”, in cui iniziano a tessere una trama che lega le reciproche differenze, le varie esperienze di vita e le aspettative che l’uno nutre nei confronti dell’altro.
La coppia è l’incontro di due storie, in cui l’io, il tu e il noi danzano insieme provando a “non pestarsi i piedi”.
Ma come si diventa un “noi”?
Il percorso di formazione della coppia è caratterizzato da tre momenti: la scelta del partner, l’innamoramento e il matrimonio, tutti connessi alla storia individuale e familiare di ognuno.
Infatti, per quanto le dinamiche inter e intra personali che guidano la scelta siano complesse, le relazioni vissute con i propri genitori, in particolare quello del sesso opposto, hanno il loro peso.
Non possiamo negarlo, tendiamo a scegliere un partner che possa, in qualche modo, colmare le lacune delle figure genitoriali, soddisfacendo quei bisogni che ci hanno lasciato “a bocca asciutta”.
L’evoluzione delle diverse fasi della vita di coppia è scandita da crisi evolutive, che progressivamente svelano difetti e particolarità del partner. È il crollo del mito dei principi azzurri e la scoperta di quegli aspetti che rendono l’altro “diverso da me”.
In questa danza sulle note di idealizzazioni e delusioni, i partner imparano a prendersi cura l’uno dell’altro, stipulando un patto di accettazione e rispetto reciproco, con la promessa di soddisfare quei bisogni di intimità e di sicurezza di cui tutti siamo affamati.
Il superamento delle crisi sancisce la nascita dell’Amore, per cui scegliamo consapevolmente proprio quella persona come compagna di viaggio, accogliendone i limiti e le caratteristiche che la rendono unica. L’uno dichiara all’altro: «Ti scelgo così come sei, non per quello che vorrei che fossi».
Attenzione: il “vissero a lungo felici e contenti” funziona solo per le favole.
Scegliere qualcuno, impegnarsi ad accettarlo e rispettarlo è una promessa che va rinnovata giorno per giorno.
Certamente non è facile mantenere “un ritmo di danza” nel tempo e se le esperienze della vita cambiano continuamente la musica, il compito diventa ancora più difficile.
Come se i partner fossero costretti ad imparare continuamente una nuova coreografia, senza pestarsi i piedi e danzando a tempo con la musica.
Entrando e uscendo dalle varie crisi, la relazione viene ricontrattata più volte seguendo la traiettoria del ciclo vitale della coppia.
Ma cos’è una crisi evolutiva?
Qui ci riferiamo a dei momenti di passaggio, esperienze che irrompono nell’omeostasi del “noi” e richiedono l’attivazione di strategie di risoluzione dei problemi per creare un nuovo equilibrio.
Si introduce, quindi, un movimento diverso, un “cambio di musica” che può condurre alla costruzione di una nuova identità individuale e di coppia.
Pensiamo, ad esempio, al grande cambiamento che impongono eventi come la nascita del primo figlio, la malattia, il pensionamento o la perdita del lavoro, il lutto.
Tutti i passaggi evolutivi non arrivano mai da soli, spesso portano con sé stress, stanchezza, ansie, paure e preoccupazioni che aumentano “la temperatura” all’interno della coppia, incrementando il grado di ostilità.
Un’efficace gestione dei conflitti diventa, quindi, vitale per i partner che intendono “scongelare” la situazione di crisi ed evolvere alla fase successiva.
Quando tale efficacia viene meno, quando i partner discutono senza mai riuscire a giungere ad un accordo, quando si innalzano muri che impediscono ogni comunicazione, è il momento di chiamare in gioco la terapia di coppia.
A cosa serve la terapia di coppia?
Potremmo considerarla un mezzo per la risoluzione dei problemi e la gestione dei conflitti di coppia. Immaginiamola come uno spazio in cui i partner “imparano a litigare”, cogliendo alcuni aspetti della relazione e delle modalità comunicative spesso invisibili.
Il terapeuta può aiutarci a “leggere tra le righe”, a cogliere quelle piccole ma fondamentali sfumature di un messaggio, che spesso passano inosservate creando fraintendimenti e distanze. Come se, durante i confronti con il partner, qualcuno mettesse i sottotitoli che aiutano l’altro a decifrare “la nostra lingua”, svelando i bisogni, i desideri nascosti nelle parole e nei comportamenti che usiamo.
La terapia di coppia offre l’opportunità di sciogliere quei nodi fatti di “Non mi capisci”, “Non consideri quelle cose che sono tanto importanti per me”, “Tu fai sempre così!”, che ci allontanano dall’altro e contribuiscono al farci sentire soli.
L’obiettivo della terapia di coppia è quello di fornire ai partner un nuovo “paio di occhiali” con cui leggere i propri comportamenti e quelli dell’altro, individuando se e come si desidera cambiare.
Con l’aiuto del professionista è possibile individuare le aree critiche e problematiche della vita di coppia, che appesantiscono la relazione e “la congelano”, impedendole di evolvere.
Stimolando un ascolto reciproco e autentico, che favorisca l’espressione di sentimenti e pensieri, il terapeuta “rispolvera” il patto tra i partner, aiutandoli a ricordare il motivo per il quale si scelsero tempo fa.
Nella stanza di terapia si impara a gestire e a stare nei conflitti, senza averne paura, senza temere che l’altro possa andarsene e che la relazione possa rompersi.
Ma in terapia di coppia ci si lascia?
Quante volte i pazienti mi hanno detto: “Dottoressa, ho paura che se vado in terapia [anche individuale, nda], lascio mio marito/mia moglie”!
Nessuna formula magica o connessione di causa-effetto o miracoli.
La risoluzione di un problema e di un conflitto, il cambiamento, il rinnovo della promessa richiedono tutte un desiderio, una volontà di farlo. In questo senso il terapeuta può fungere da specchio, aiutando i partner a cogliere ciò che desiderano realmente.
Oltre a rinegoziare il contratto del “noi”, quindi, la terapia di coppia può anche aiutare a salutarsi, ringraziando l’altro per il cammino percorso insieme, qualora si capisse che la vita insieme non è più possibile. Si tratta di un momento prezioso, soprattutto per le coppie genitoriali, perché senz’altro si può smettere di essere una coppia di amanti, ma non di genitori. Qui diventa vitale la negoziazione e la costruzione di un nuovo “noi”, in nome del benessere e della serenità dei figli.