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Cos’è un disturbo di personalità?

Si tratta di disturbi di cui, la maggior parte di noi, non è consapevole.

È rarissimo, infatti, che qualcuno arrivi da un terapeuta per curare un disturbo di personalità.  Questo perché, semplicemente,  la nostra personalità fa parte di noi da tanto tempo. Sappiamo di essere così come siamo, punto e basta. C’è da dire, inoltre, che le caratteristiche di un disturbo di personalità iniziano a delinearsi durante l’adolescenza o nella prima età adulta, quindi piuttosto precocemente. Come facciamo a sapere se c’è un disturbo oppure no?

Di solito, una persona cerca uno psicologo, ad esempio,  per un disturbo dell’umore, dell’ansia,  sessuale, alimentare, ecc. o per un disagio esistenziale, perché in tutti questi casi si tratta di problemi che danno sofferenza. E della sofferenza ci accorgiamo, prima o poi. Dopo aver fatto dei tentativi per superarla da soli, arriva il momento in cui, finalmente, chiediamo aiuto.

Nel corso della terapia inizieranno a delinearsi quelli che sono dei tratti stabili o delle caratteristiche che incidono notevolmente sulla nostra vita lavorativa e sociale ma in modo negativo. Negativo per noi stessi.

Cioè, iniziamo a renderci conto che la nostra visione del mondo, di noi stessi, delle relazioni, il modo in cui ci comportiamo e come ci rapportiamo con gli altri ci creano un disagio notevole oppure sono ritenuti completamente diversi da quello della nostra cultura di appartenenza. Inoltre, il nostro funzionamento sociale, lavorativo o in altri ambiti, è compromesso per via del nostro disagio. Ci rendiamo conto, insomma, che tanti aspetti della nostra vita sono problematici.

Vediamo quali caratteristiche appartengono ai principali disturbi di personalità indicati nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5). Ma prima voglio fare una breve premessa. Queste etichette nosografiche non servono (e non devono servire) ad etichettare una persona bensì a definire il suo disturbo. Sono utili prevalentemente al clinico per fare diagnosi e, di conseguenza, per poter indirizzare il trattamento nel modo più appropriato. Al paziente a volte può essere utile sapere che ciò che gli arreca sofferenza rientra in un quadro già noto anziché essere un’”anomalia” del tutto personale. Però credo che, sapere che si tratti di un nome piuttosto che di un altro, non cambi la sostanza delle cose. Ho tenuto a precisare quanto sopra poiché è facilissimo mettere etichette e lo si fa con una rapidità sorprendente: basti pensare a termini quali “nevrotico” o “isterica” tanto in voga nel secolo scorso. Spesso, fra l’altro, queste parole vengono usate in modo del tutto inopportuno. Quindi, facciamo attenzione!

Un’altra cosa importante: spesso alcune caratteristiche di un disturbo di personalità possono appartenere anche ad altri o presentarsi nel corso di alcuni disturbi mentali. Grazie al cielo non siamo così facilmente classificabili in categorie precise, anche se questo complica le cose. Per cui, non starò a dare dettagli precisi su ogni personalità ma piuttosto ne definirò le caratteristiche principali. Per ulteriori approfondimenti potrete consultare il DSM o altri siti istituzionali. Intanto, possiamo dire che per riconoscersi nei disturbi bisogna avere più di una caratteristica (a seconda del disturbo, da tre a cinque), ma non tutte!

Attenzione! Le descrizioni che seguono non hanno lo scopo di far fare un’autodiagnosi di disturbo di personalità a chi legge, ma piuttosto di offrire uno spunto di riflessione sul proprio funzionamento. Per una diagnosi accurata è necessario rivolgersi ad uno specialista.

Parliamo del disturbo di personalità:

Paranoide, quando, nelle relazioni con gli altri, prevale la nostra tendenza a non fidarci: siamo sospettosi,  attribuiamo agli altri intenzioni malevole, pensiamo che possano essere sleali, inaffidabili (anche senza motivo reale), che vogliano sfruttarci, danneggiarci; non ci confidiamo per paura che poi le nostre confidenze possano essere usate contro di noi; quando fanno qualcosa di positivo per noi, tendiamo a leggere significati nascosti e possibilmente negativi; portiamo rancore e spesso percepiamo, nei comportamenti altrui, attacchi veri e propri contro noi (che però nessun altro percepisce!) per cui reagiamo con rabbia e passiamo alla controffensiva. Inoltre, siamo sospettosi con il partner, anche quando non ne avremmo motivo, per cui le relazioni affettive sono spesso problematiche…

Schizoide, quando prevale il distacco rispetto alle relazioni sociali, l’assenza di piacere o di desiderio ad avere relazioni affettive. Scegliamo attività individuali, non siamo attratti (o lo siamo poco) dalle relazioni sessuali,  non abbiamo rapporti con altre persone al di fuori dei familiari stretti, siamo emotivamente freddi, distaccati (anche le nostre espressioni emotive sono piuttosto scarse), ci piace svolgere poche o nessuna attività. Inoltre, le critiche e le lodi sembrano non interessarci minimamente e la gamma delle emozioni che proviamo è piuttosto ristretta.

Schizotipico, invece, se oltre al ritiro e distacco sociale, all’appiattimento affettivo, all’esiguità delle relazioni strette, e alla sospettosità, c’è l’idea di avere poteri speciali che consentono di interpretare, predire o influenzare gli eventi e le persone, o di carpire dati che ad altri sfuggono (ad es.: lettura del pensiero e del futuro). È presente ansia sociale per le situazioni sociali nuove, che però non svanisce all’aumentare della familiarità con gli altri, e una tendenza all’isolamento per non essere considerati diversi o strani. Inoltre, sono presenti esperienze sensoriali e percezioni corporee insolite e la tendenza a  parlare e a comportarsi in modi che la gente riterrebbe bizzarri, strani ma che alla persona tornano utili.

Istrionico, quando abbiamo un modo di fare  ” teatrale” nell’espressione delle emozioni (cioè, emotivamente esagerata, sul melodrammatico) che , tuttavia, può essere mutevole e  superficiale; siamo impulsivi , reagiamo più in base alle emozioni che a riflessioni; andiamo sempre alla ricerca di situazioni eccitanti, siamo seduttivi  e manipolativi, cerchiamo di ottenere attenzione (anche attraverso l’aspetto fisico a cui prestiamo molta cura e per cui speriamo di ottenere complimenti) e, quando non la otteniamo, ci sentiamo a disagio; siamo facilmente suggestionabili e tendiamo a considerare intime delle relazioni che non lo sono realmente o ad avere fiducia eccessiva in coloro che percepiamo autorevoli; il nostro modo di parlare è impressionistico e privo di dettagli.

Narcisistico, se amiamo considerarci superiori agli altri (al di là di dati di realtà), per cui ci sentiamo speciali, degni dell’attenzione di persone altrettanto speciali o importanti e desideriamo, quindi, trattamenti speciali, e tanta ammirazione; ci comportiamo in modo arrogante, non siamo in grado di provare empatia e tendiamo ad approfittarci degli altri per raggiungere i nostri obiettivi;  abbiamo fantasie di successo e proviamo anche una certa invidia verso gli altri (ma pensiamo anche che gli altri la provino verso di noi) e spesso siamo in competizione con loro (facciamo anche confronti continui). Questi sono gli aspetti che forse sono noti un po’ a tutti… In realtà, chi soffre di questo disturbo può avere sì un’autostima ipertrofica, ma anche troppo bassa per cui tende a cercare tutto il successo  e la perfezione perché pensa che solo così potrà essere apprezzato (ed è per questo che tende a compiacere l’altro). Quando tali conferme non arrivano allora si fanno strada sentimenti di vergogna, di invidia e stati depressivi.

Borderline, se riscontriamo una certa instabilità in vari aspetti della nostra vita: nelle relazioni interpersonali, nell’immagine che abbiamo di noi stessi, nei nostri valori e nelle emozioni. Spesso, ci è molto difficile riuscire a regolare queste, per cui le viviamo in modo eccessivamente intenso. Proviamo un senso di vuoto perenne, ci capita frequentemente di minacciare e/o di compiere gesti suicidari, di procurarci tagli, bruciature, ecc.; possiamo avere delle esplosioni intense di rabbia o difficoltà a controllarla; la nostra emotività instabile fa sì che, quando ne siamo preda, perdiamo la capacità di vedere le cose nel loro insieme e in modo equilibrato (o è tutto bello o fa tutto schifo). Tendiamo ad essere impulsivi, anche in aree potenzialmente dannose (sesso, droga, alcol, guida spericolata, ecc.); il fatto che qualcuno ci abbandoni o anche solo l’idea che questo possa avvenire ci può portare a fare degli sforzi disperati per scongiurare che ciò avvenga. Possiamo quindi immaginare quanto possano essere caotiche e anche instabili le nostre relazioni e il nostro modo di percepirle… Inoltre, in momenti di stress acuto potremmo avere idee di tipo “paranoico” o sperimentare sintomi dissociativi.

Antisociale, quando presentiamo alcune delle caratteristiche seguenti: scarso rispetto per le regole sociali, disonestà, insincerità, tendenza a pensare di poter fare quello che ci pare (anche a danno degli altri) perché ce ne arroghiamo il diritto, e a sfruttare gli altri per i loro scopi. Tutto ciò senza provare sensi di colpa o rimorso. Non è difficile dedurre che il rispetto per gli altri, per i loro sentimenti e preoccupazioni sia scarso; inoltre, c’è la tendenza a manipolarli e a pensarli come egoisti e manipolatori. Non si riesce a provare empatia e a mantenere relazioni stabili e reciproche; si è inclini all’irritabilità e all’aggressività. Vi è la tendenza spiccata alla ricerca della novità e di sensazioni forti.  Sono presenti, inoltre, impulsività o incapacità a pianificare, irresponsabilità e bassa tolleranza alla frustrazione. Le emozioni dominanti sono la rabbia e l’invidia. Il termine “antisociale” è assimilabile a “psicopatico” e “sociopatico”.

Evitante, quando siamo estremamente sensibili al giudizio degli altri e alla paura del rifiuto (e del dolore che questo comporterebbe), per cui proviamo forte ansia nelle situazioni sociali. La conseguenza è che evitiamo qualsiasi contatto con gli altri, dalle situazioni intime a quelle  lavorative, non perché non proviamo piacere all’idea ma per la paura di essere respinti, umiliati, disapprovati o ridicolizzati; di solito, intraprendiamo una relazione solo quando siamo certi di piacere. Poiché ci spaventa parlare in pubblico o trovarci al centro dell’attenzione, nelle situazioni lavorative, ad esempio, tendiamo a rifiutare responsabilità o posizioni che ci portino a stretto contatto con gli altri. Proviamo sentimenti di inferiorità e siamo riluttanti a fare confidenze a causa della vergogna e la paura di mostrare aspetti intimi di noi stessi.

Dipendente. Come suggerito dal termine stesso, questo disturbo è caratterizzato dalla difficoltà di vivere in maniera autonoma, dalla tendenza a cercare accudimento ad ogni costo  e quindi a contare fortemente sugli altri per prendere decisioni di qualsiasi tipo (da quelle più importanti a quelle più banali) e per avere rassicurazioni continue. Pur di assicurarci la benevolenza e l’approvazione degli altri e scongiurare un abbandono, tendiamo ad ingraziarceli e anche a fare cose spiacevoli, ad essere sottomessi, e a non esprimere le nostre opinioni per paura che siano in disaccordo con le loro. Quando una relazione intima finisce possiamo andare incontro a problemi psicologici e tendiamo a cercarne immediatamente un’altra. È chiaro che per tutti noi è importante sentirsi amati, approvati e riconosciuti dagli altri ma nel caso di questo disturbo tali bisogni sono esasperati e minano il funzionamento della persona e la capacità di prendersi cura di sé autonomamente.

Ossessivo-compulsivo, se presentiamo una marcata tendenza al perfezionismo e ad agire secondo regole precise, spiccato senso del dovere (per cui lo svago e le relazioni interpersonali vengono sacrificati), inflessibilità, avarizia. Inoltre, prestando eccessiva attenzione ai dettagli, alle regole, agli schemi, all’ordine e all’organizzazione, spesso rischiamo di perdere di vista il compito su cui stiamo lavorando e a non portarlo a termine, così come di avere difficoltà nel prendere decisioni.  È quasi impossibile riuscire a delegare a meno che l’altro non faccia le cose esattamente come diciamo noi. Tali comportamenti hanno lo scopo di mantenere i l controllo su tutto e quindi ad evitare l’ansia.  Abbiamo la tendenza all’intellettualizzazione e ad essere molto razionali a discapito della vita emotiva, a cui diamo scarso valore. I bisogni di cura e di conforto  vengono negati o non riconosciuti perché ritenuti segni di debolezza. Dall’altro lato, sono presenti conflitti rispetto alla rabbia, all’autorità (a cui non sappiamo se sottometterci  o ribellarci) e all’aggressività. Quindi, le emozioni prevalenti sono la rabbia, la vergogna, la paura e il senso di colpa.